sabato 10 dicembre 2011

VIVI E LASCIA VIVERE

Il momento è catartico e la cattolicissima Susanna Tamaro ha fatto il suo cattolicissimo "coming out" (stile "vivi e lascia vivere"). In parole (evangelicamente) povere la fanciulla ha dichiarato che la Chiesa è ricca e dovrebbe pagare l'Ici. Per poi precisare: sono a favore delle unioni civili, vivo con una donna, ma non sono lesbica.
... E qualcuno, a questo punto, dica amen!


La cattolica Susanna Tamaro ha fatto una sorta di devotissimo “coming out”. A Radio 24 (durante la trasmissione “Non ci sono più le mezze stagioni”), ha dichiarato: «Sono cattolica ma trovo più che giusto che la Chiesa paghi l'Ici sulle proprietà che non hanno un utilizzo filantropico. Anche perché, anche solo a Roma ha un patrimonio immobiliare pazzesco...». 
E poi, per rispondere al vecchio pettegolezzo, ha aggiunto: «Io vivo da anni con una donna. Ma è un rapporto di profonda amicizia. Non ho un rapporto gay, anche se sarebbe un successone, un vero scoop se lo fosse. Tuttavia penso che debba esserci una legislazione che tuteli le persone che convivono, al di là del loro sesso. Sono per le unioni civili […]. Ognuno deve poter vivere liberamente e legittimamente con chi vuole. Tutelato da una serie di diritti. E' una questione di civiltà».

UN PASSO INDIETRO

La Chiesa decida unilateralmente di pagare l’ICI su ogni attività commerciale e sconfessi l’arrogante editoriale del direttore dell’Avvenire. E' quanto chiede l'associazione “Noi Siamo Chiesa”, che auspica una mobilitazione dal basso del mondo cattolico.
 
Dal comunicato di Vittorio Bellavite
[ portavoce nazionale di “Noi Siamo Chiesa”
]

“La questione dell’ICI non pagata dalla Chiesa si è abbastanza chiarita per le informazioni date da molti media. Così le riassumo: esiste, in base a una legislazione sostanzialmente bipartisan, la possibilità per tante attività commerciali gestite da enti ecclesiastici di non pagare l’ICI quando esse siano collegate ad iniziative ecclesiali, caritative, di culto o altro. Pagano l’ICI invece attività 'esclusivamente' commerciali. Questa normativa ha dato vita a controversie faticose e interminabili: chi stabilisce l’esistenza del 'collegamento'? E perché questa esenzione? [...].
'Noi Siamo Chiesa' ripete ancora una volta che i vertici ecclesiastici non dovrebbero vergognarsi di fare un passo indietro e di risolvere la questione dichiarando unilateralmente che tutte le strutture ecclesiastiche che godono o che potrebbero godere del 'collegamento' abbandonino ogni contenzioso e paghino l’ICI per qualsiasi attività commerciale da esse dipendente (si intende ovviamente che resterebbe l’esenzione per le attività veramente di culto e altre attività non profit). Sarebbe un passo in avanti nella direzione di una Chiesa orientata a maggiore sobrietà e che inizia a rinunciare a qualcosa del molto che riceve in Italia dalle istituzioni per favorire una maggiore disponibilità ad ascoltare il proprio vero messaggio, quello del Vangelo, presso un’area di opinione infastidita (o disgustata) dall’ incalzare da queste pretese clericali.

Tutto ciò premesso, dall’interno di questa nostra Chiesa, diciamo ad alta voce, e 'annunciandolo dai tetti' (Matteo 10,27), che nel mondo cattolico si deve mettere in moto un movimento di base che, ispirandosi al Concilio, convinca e costringa le strutture ecclesiastiche a smantellare le barricate e a dimostrare concretamente, anche a partire da questa questione dell’ICI, di essere anch’esse partecipi delle difficoltà e dei sacrifici che incontrano in questi tempi tanti del nostro popolo”.

   (9 dicembre 2011)